Cerimonia

Il  monumento più importante che ha fato conoscere Brunello è la chiesa di Santa Maria Annunciata.
 E’  una piccola basilica sorta solitaria, lontana dal centro abitato, congiunta ad  un piccolo convento.
 La  sua facciata è a capanna. Il portale mediano è originario. Le due  finestre ai  lati e quella sopra il portale sono più recenti. Il rosone  primitivo, rotondo,  è stato alterato quando s’aggiunse il soffitto  orizzontale che nascose le  antiche capriate.
 C’era  anche un secondo ingresso laterale, a sinistra, ora murato e  rilevabile  dall’interno. Metteva in comunicazione, tramite una scala  esterna, ora  soppressa, gli alloggi del convento con l’aula ecclesiale.
 L’interno  è ad aula unica, in stile lombardo-gotico come risultata  dall’arco trionfale  del presbiterio e dal presbiterio stesso.
 Chiesa  e convento pare siano appartenuti all’ordine degli Umiliati. […]
 Una  seria valutazione storica ne stabilirebbe la fondazione tra la  fine del 1200 e  gli inizi del 1300, 150 anni circa anteriore agli  affreschi, uno dei quali pare  datato 1470. […]
 Questa  chiesa non poteva che sorgere là e non altrove.
 Hanno  concorso alla scelta del posto la posizione, l’esposizione  panoramica, il  pianoro idoneo ed anche il confine giurisdizionale, in  quel punto situato, del Seprio Superiore facente parte a Varese.
 S’aggiunga,  elemento importantissimo e decisivo, la comodità d’accesso.
 Infatti  di lì passava la vecchia e importante strada  medioevale, detta Varesina che  partendo da Varese attraversava Erbamolle (S. Caterina),  percorreva la gola tra  il colle del S. Quirico di Azzate e il Colle del  Montuccio di Brunello ed  inerpicandosi sul versante della Valle Sole,  giungeva alla chiesa.
 Da  qui volgeva ad ovest verso Crosio (Sant’Apollinare) e Montonate  (S.Alessandro)  con diramazione per Caidate (S. Genesio) entrando nel  territorio del Seprio Inferiore.
 Per  qualche breve tratto è ancora possibile trovare il vecchio acciottolato.
 E’  la strada percorsa da S. Carlo nella sua visita pastorale del  1574, il quale potè  dissetarsi ad una fresca sorgente, detta da allora “ul funtanin da S. Carlu”. […]
 Tanto  più, è leggenda, che il Santo, assetato e stanco, salendo, desiderava un sorso  d’acqua fresca.
 Ecco,  il cavallo suo con un poderoso colpo di zoccolo smosse la terra e ne sgorgò un  rivolo limpido che dura tuttora.
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  Certo  la comunità antica e minuscola di Brunello non deve  aver avuto né esigenza né  interesse né possibilità nella faccenda. 
Per i suoi bisogni religiosi bastava la “Chiesuola” tra le sue case l’assistenza saltuaria di sacerdoti esterni. Che si sia poi appoggiata poi per le sue devozioni alla nuova chiesa che, un giorno abbiamo proposto, venisse aggiuntivamente chiamata “Sancta Maria in vineis” (“la Madonna nelle vigne”) è vicenda e soluzione naturale.  | 
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Si  deve pensare a un  ente religioso di buona possibilità che non ebbe esitazione a  farla  così straordinariamente adorna.
 Anche  per questo motivo vien da pensare: gli Umiliati. […]
 Attraverso  l’arco, detto un tempo popolarmente portone di Sant’Orsola, che è propriamente  della Madonna di Misericordia, dal   grande affresco della Vergine, dolcissima, protettiva, col suo manto,  del  popolo cristiano, si entra nel Sagrato che era cimitero che si  usava  anticamente.
 In  una piantina del secolo XVI è detto esplicitamente “porta del cimitero”.
 Purtroppo  l’affresco è così mal ridotto che della Madonna rimane il dolce viso ma il  popolo cristiano è scomparso.
 Questa  gentile Madonna possiamo ben chiamarla “del  cortese incontro o della buona accoglienza”.
 Se  vogliamo leggere la scrittura che fa da cornice al dipinto ci sentiamo  confortati.
 Essa  dice: “...(Venite a me omnes, qui  laboratis et onerati…) estis et ego reficiam vos. Jugum meum enim suave est et onus meum leve est”  (Mt. 11,28.30)  “… (Venite a me tutti che stanchi ed aggravate…) siete  ed io vi darò riposo. Il mio giogo difatti è agevole ed il mio carico è   leggero”.
 Sul  cartiglio dell’angelo visibile è scritto :; “Sicut lilium inter spinas, sic amica mea inter (filias)” “Come un  anemone tra le spine così la mia amata tra (le fanciulle)”. (Ct. 2,2)
 Appena  in Chiesa, la visione del gran giudizio  universale è meravigliosa. E’ forse l’unico giudizio universale in  Lombardia.
 Il  Cristo giudice nella mandorla formata da una ghirlanda di  angeli fa suonare le  trombe del giudizio, premia i buoni alla sua  destra e punisce i cattivi alla  sua sinistra.
 I  giusti, accolti dagli angeli alla porta del cielo (porta caeli) vanno verso il Paradiso; i reprobi, ignudi per il  peccato, son cacciati nelle fauci d’un drago infernale.
 L’autore  è ignoto. Si usa chiamarlo “Maestro di Brunello”.
 E’  un pittore, lui e i suoi aiutanti, che, nel gran scenario  del giudizio  universale, hanno eternato la stupefacente atmosfera di  questo nostro  incantevole colle, anche se il paesaggio, consentaneo  all’oltretomba, è meno  verdeggiante.
 Questo  dipinto principale si presenta di non comune finezza ed abilità.
 Sorprende  la concezione grandiosa, lo stile libero, naturale e  particolare, tipico d’un  artista lombardo della fine del 1400 e del  principio del 1500. […]
 Se  il grande affresco attira subito e giustamente l’attenzione,  vanno poi  osservate altre pregevolissime pitture, per alcune delle  quali è pensabile  l’apporto anche di alcuni artisti locali (Pietro  da Velate).
 Nell’absidiola  sinistra: la Madonna col Bambino e Santa Caterina d’Alessandria.
 Nell’absidiola  destra: la Madonna col Bambino e San Rocco e San Sebastiano.
 Sulla  lesena sinistra: Santo Stefano.
 Sulla  lesena destra: San Miro o San Lucio.
 Sulla  parete sinistra: un seguito di dipinti votivi (una figura  parziale di Santo  (S.Bernardino da Siena), la Vergine in trono con  bambino, un santo benedicente  , la Vergine che adora il Bambino, un  santo monaco, la Vergine in trono con il  Bambino e S.Caterina, una  santa monaca che reca la pisside (S.Chiara) ed ancora  la Madonna con il  Bambino (particolarmente dolce nel decoro e nel ritmo).
 Nelle  vele del presbiterio: i quattro dottori magni d’occidente ed i quattro  evangelisti, appaiati.
 Sulle  due pareti del presbiterio: sei apostoli ed un’Annunciazione.
 Nella  cappella, a destra, la Vergine Alma Madre.
 Il  soffitto è finemente dipinto nelle sue formelle quadrate. Le  pareti poi  avvolgono l’aula con singolare motivo graffito. […]
 Gli  affreschi furono scoperti più di cinquanta anni fa sotto un  imbianchimento che  li aveva nascosti. Chi li aveva fatti scomparire?
 Forse  Gaspari Bossi, primo parroco del 1565, per ragioni moralistiche dettate dal  costume severo della Controriforma?
 Forse  lo stesso parroco per cancellare, dove almeno era  possibile, l’opera degli  Umiliati, per i quali non tirava aria propizia  e proprio allora soppressi?
 O  a seguito della peste del 1576, la peste di San Carlo, quando  appunto il grande  arcivescovo consigliava di dar mani di calce alle  pareti per disinfezione?
 Certamente  ci fu la peste a Brunello e ne rimane il ricordo nel  nome del sito dove esiste  l’attuale cimitero, detto appunto “Lazzaretto”.  La chiesa del Lazzaretto, legata al comitero, è significativamente dedicata a  S. Carlo.
 Per  provvidenziale ventura, la chiesa, passata in proprietà  della Diocesi di Milano,  fu eretta in parrocchia secondo gli  intendimenti del Concilio di Trento ed  affidata a chi n’ebbe subito  interesse e non abbandonata alla decadenza come  accade per altre  residenze di quell’ordine monastico.
 Sicuramente  non ne sapevano nulla degli affreschi i due parroci  Giovanni ed Andrea Contini,  zio e nipote che dal luglio 1799 al  febbraio 1878 ressero la parrocchia. E non fu  male perché, se è vero  quanto dicevano gli anziani, l’Andrea commise la  tristissima azione di  vendere la pala centrale del “Polittico”, dipinto sul  legno, nonostante  la contraria volontà dei maggiorenti, rovinando  irreparabilmente  un’opera di gran valore.
 Neanche  don Luigi Fontana che successe nel 1879 e morì nel  1904, né la sua sorella,  ottima pittrice, furono al corrente.
 Questi  tre parroci furono gli unici sepolti nel cimitero con i  loro fedeli, che il  Fontana definisce “buoni Brunellesi”.
 Se  non si sa chi coprì i celebri affreschi, è ancora vivo chi  ebbe la ventura di  vederli finalmente con occhi rivelatori e ne  conserva segreti nell’animo  l’orgoglio e la commozione da allora.
 Qualcuno  si sarà accorto chepiù su si da differente  denominazione alla figura che sta  sulla lesena destra dell’arco  trionfale in contrapposto a Santo Stefano chè è a  sinistra. 
 Autori  rispettabilissimi asseriscono che è San Rocco che soccorre una donna. Qui si  dice che è San Miro.
 Così  almeno indicò un dotto di straordinaria sapienza e competenza: il cardinale  Schuster.
 Egli,  durante una visita pastorale, si avvicinò alla figura,  l’osservò con  attenzione, rivolse la sua mente ad una a lui nota  tradizione iconografica ed  esclamò, senza esitazione: “Un santo che  porta la pentolina del latte non può  essere che S. Miro”.
 Prima  di passare ad altro argomento convien notare che la chiesa ha subito notevoli  mutamenti dall’inizio del 1600.
 Una  pianta dell’edificio di quel tempo, che presenta la  struttura originale, ci fa  rilevare che la sacristia non è a destra,  come ora, ma a sinistra; la cappella  della Madonna a destra non c’era;  l’abside non esisteva, nuove finestre sono  intervenute in seguito.
 Tutto  il lato di mezzogiorno era un porticato, interrotto da  una cappellina. Abolito  il porticato e chiuso, risultarono la sacrestia  attuale, un locale per gli  arredi, la cappella della Madonna ed il  Museo.
 Il  conventino a settentrione, addossato alla chiesa, divenne la casa del parroco.
 E’  stato rilevato che l’abside è un poco deviata rispetto  all’asse mediano della  chiesa e si sostiene che s’è voluto per  l’appunto simboleggiare l’inclinazione  del capo di Cristo sulla croce.
 L’interpretazione  è forse un tantino sofisticata. Basterebbe, per  giustificare l’anomalia,  pensare a necessità costruttive specifiche in  quella porzione di terreno.  Perchè all’epoca della nuova costruzione  non si ricorreva più tanto facilmente  alla simbologia. Ad ogni modo la  notizia è riferita per rispetto delle altrui  opinioni che possono anche  essere più rispondenti a verità.


